Il titolo del nostro secondo album è chiaramente un riferimento alla principale critica che viene
mossa a Zeman dai suoi detrattori. Una frase stretta che sottintende un modo tutto contemporaneo
e semplicistico di vedere la realtà. Oggi o si vince o si perde (ma ricordatevi i Kina). A nessuno interessa
più il come, il percorso ed il motivo. Perché forse sono concetti troppo lenti: poco vendibili.
Proprio l’idea di percorso e passaggio è alla base di questo disco: dalla furia espressiva del primo
album, siamo arrivati a qualcosa di più meditato e ragionato, ma non studiato, sempre con la voglia
di divertirci e di divertire, proponendo pezzi che pescano a piene mani dal nostro modo di aver
digerito il post-punk e la new wave. Siamo legati a questo album e, indipendentemente dal fatto
che non abbiamo mai vinto un cazzo, siamo convinti che sia il miglior disco che abbiamo fatto fino
ad ora, il che è già una piccola vittoria.
BIOGRAFIA
Il nome è ZEMAN perché vogliamo prenderci il lusso di avere una visione della realtà tra lo sfrontato e il dogmatico,
indipendentemente dai vantaggi e dagli svantaggi che ne possano derivare, senza calcoli o obiettivi di mercato: si fa
così perché sappiamo fare solo così ed è tutto così lineare. Come una ripartenza zemaniana.
Siamo quattro persone che decidono e fanno tutto da soli, tra collettivo, soviet, spinta idealistica e attitudine tra
lo snob ed il compassato: dei cinici “Rivoluzionari da salotto” pieni di contraddizioni, come ha scritto un bravo
giornalista musicale parlando di Fame, il nostro primo album uscito per To Lose la Track nel 2015.
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